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pratiche artistiche nei luoghi di conflitto

Guerrilla Girls/exhibition

photo by Francesca Catastini

Guerrilla Girls-Identities
6 ottobre > 4 novembre 2007
Monsummano Terme, Macn, Villa Renatico Martini

Comprendere la differenza sessuale come un dato ‘culturale’ può essere considerata come la grande scommessa dei movimenti femministi. Questo è anche al fondo del lavoro di Guerrilla Girls, lo storico gruppo newyorkese di artiste femministe fondato nel 1985 che, all’interno di Networking 2007, presenta la prima antologica del proprio lavoro in Italia. La mostra, allestita negli spazi del Macn di Monsummano Terme, è un doppio evento che include la mostra collettiva Identities con opere dei giovani artisti di Networking.
La differenza sessuale è innanzitutto differenza di genere che crea differenti livelli di esclusione sociale: è infatti a partire dalla mostra An International Survey of Painting and Sculpture realizzata al MoMA di New York nel 1985 con soltanto 13 artiste donna su 169, che un gruppo di artiste decise di abbandonare la propria identità personale per fondare il collettivo Guerrilla Girls. Da allora l’obiettivo del lavoro di Guerrilla Girls è la denuncia della discriminazione sessista nel mondo dell’arte, della politica, del cinema, ecc. Presentandosi in pubblico sempre sotto la maschera da gorilla e prendendo come propri nomi quelli di artiste femministe del passato Guerrilla Girls denuncia, con le centinaia di poster realizzati, un sistema che promette parità di sessi ma difficilmente la consente. Campagne di affissione pubblica, manifestazioni, sit-in di protesta sono stati alcuni degli strumenti utilizzati per portare l’attenzione dei media e del mondo dell’arte su una situazione di discriminazione inaccettabile. La mostra ripercorre tutte le tappe principali di questo percorso ormai parte della storia dell’arte del Novecento avvicinandolo come modello e prototipo d’azione al lavoro di un gruppo di giovani artisti italiani oggi operanti. In questo modo, la lotta di Guerrilla Girls per l’affermazione di un’identità di genere non discriminata, si lega alle molteplici forme di azione sociale e di costruzione di identità possibili che la mostra Identities presenta. Identità al plurale perché queste opere e le identità che costruiscono non accettano di chiudersi entro steccati ma si pensano piuttosto come possibili firme di appartenenza da costruire. Così l’opera Ritratto di famiglia di Arianna Subri ha realizzato un set fotografico allestito lungo il corteo del Family Day a Roma del 2007 ed in contemporanea alla contromanifestazione laica di Piazza Navona.
Molti manifestanti lungo i due cortei hanno posato per un “ritratto di famiglia”. La serie di ritratti realizzati presenta una configurazione familiare sempre diversa ma unita da una comune categoria di appartenenza, la famiglia, sempre uguale e differente nelle molteplici configurazioni individuali. Un’idea di appartenenza che può anche diventare costrittoria come nell’opera video Let me get what I want di Filippo di Del Bubba girata durante il gay pride 2007 di Roma in cui il desiderio di uscita dagli stereotipi e di affermazione del sé prende la forma del racconto emozionale. L’identità come costrizione è presente anche nell’opera di Antonella Piga Con-fine, un lavoro fotografico realizzato nella sezione femminile e minori del carcere di Sollicciano. Un percorso che ha portato l’artista ad essere testimone ed interprete di identità negate e costrette all’interno di un’istituzione totale come il carcere, ma sempre alla ricerca di spazi di comunicazione possibili. Ma l’identità è solitamente un processo di trasformazione di sé, un orizzonte verso cui tendere come nel cortometraggio Palo di Pasquale Scalzi e Armando Sanna e nell’opera Ellis Island di Anonymous Art Studio, l’isola di passaggio dei migranti italiani per entrare negli Stati Uniti. Una forma di appartenenza nazionale che Margherita Isola declina nella sua complessità nell’opera Stato di riposo: la bandiera italiana diventa cuscino su cui sopra viene ricamato un rebus sulle diverse identità dell’essere donna in Italia, bandiera accompagnata da un re-mix dell’opera La gazza ladra di Rossini fatto da un musicista contemporaneo. La complessità semantica e simbolica emerge anche nella serie fotografica Orifizi realizzata in studio da Virginia Panichi riguardante i simboli della femminilità e nella performance Sporca di dolcezza realizzata per l’inaugurazione da Schejla Massellucci sui simboli, spesso facilmente giudicati, della donna islamica. Ripensare il proprio ruolo è anche ripensare le proprie aspettative all’interno di un determinato ambito di azione sociale: Margherita Isola ha accolto gli spettatori durante l’opening in ginocchio tenendo un cartello con su scritto Sii felice per piacere. Un auspicio certo, ma anche un percorso da intraprendere, ripensando se stessi come ha iniziato a fare Rachel Morellet con il ricamo-performance Ricamo: tipiche azioni maschili. Realizzato durante 21 giorni di invidia del pene.

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